In piemontese, letteralmente, salsa calda. Questa ricetta è tipica del basso Piemonte in quanto, nei secoli passati, era assai facile procurarsi, in questa zona, l'ingrediente fondamentale, cioè l’acciuga salata, usata tuttora in molte ricette tipiche piemontesi Per tradizione è un piatto tipico del periodo della vendemmia, quindi da consumare prevalentemente in autunno/inverno. Una delle leggende sulla sua nascita vuole proprio che venisse preparato per togliere ai vendemmiatori il dolce odore, spesso quasi nauseante, dell’uva pigiata. La bagna càuda veniva consumata in maniera conviviale attingendo da un solo contenitore (pèila), posto al centro del tavolo.
La bagna càuda è molto popolare anche in Argentina col nome di bañacauda, diffusa dai molti piemontesi emigrati in Sud America.
Ingredienti: 275 g di olio di oliva, 240 g di acciughe sotto sale, 4 teste d'aglio, 3 dl di latte (facoltativo)
Preparazione: Dislicare le acciughe e dissalare i filetti, se sono filetti sott'olio scolare bene l'olio che di solito non è di prima qualità; lavarli e pestarli in poltiglia in un mortaio (o nel mixer). Tritare finemente l'aglio e farlo marinare per un paio d'ore nel latte (ciò attutisce il gusto dell'aglio e facilita la digestione, questo passaggio non è necessario se l'aglio è sufficientemente fresco). Far sciogliere l'olio in un tegame in terracotta (va bene anche smaltato), aggiungere la poltiglia d'acciughe e, a calore appena accennato, farla incorporare; unirvi il trito d'aglio (se l’avete marinato nel latte, sgocciolatelo molto bene) e continuare la cottura, sempre a calore moderato, per una ventina di minuti mescolando di tanto in tanto. Nel mezzo del tavolo piazzare un fornello a spirito (oppure una piastra elettrica), mettervi sopra il tegame con la bagna cauda che deve essere mantenuta ben calda durante tutto il pasto. Sistemare al centro del tavolo anche la terrina con i pezzi di cardi, di peperoni, cipollotti freschi, carote tagliate orizzontalmente, indivia, cavolo tagliato fine, e altre verdure a piacere, vanno bene davvero tutte quelle che offre la stagione. I commensali prendono uno per volta un pezzo di verdura con la forchettina apposita, lo immergono nel tegame e, ben avviluppato di bagna cauda, lo mangiano. Si procede così sino all'immancabile esaurimento della bagna cauda sorseggiando di tanto in tanto buon vino, appena fatto, che abbia ancora il gusto dell'uva. L'appetito, è questa la meraviglia, rimane intatto, anzi eccitato ed in progresso.
I contadini inventori della bagna cauda sin dal tempo del lumino ad olio, alla fine, per utilizzare l'eventuale intingolo rimasto, usano rompervi dentro delle uova e strapazzarle.
E’ anche un ottimo antipasto perché stimola l'appetito.
CURIOSANDO tra gli ebrei torinesi - Le prime presenze ebraiche in Piemonte risalgono all’inizio del XV secolo e pare vadano collegate all’espulsione degli ebrei francesi decretata nel 1394. A Torino gli ebrei furono ammessi ufficialmente solo nel 1424.
Nel 1430 gli Statuta Sabaudiae di Amedeo VIII regolamentarono la situazione degli ebrei: rigida separazione tra ebrei e cristiani, segno giallo distintivo, limitazione delle sinagoghe; ma anche rispetto della libertà religiosa. Con la caccia all'ebreo nella Spagna del '500, le comunità Piemontesi ebbero un forte impulso e, tra alti e bassi, gli ebrei vissero con una relativa tranquillità. Ma la Controriforma segnò anche in Piemonte un netto peggioramento della situazione. Nel 1679, in ottemperanza a quanto ormai si stava realizzando altrove da più di un secolo, Maria Giovanna Battista di Nemours, reggente in nome del figlio Vittorio Amedeo II, decretava la chiusura degli ebrei torinesi in angusti confini. Nacque così il ghetto, che prese corpo e si popolò già dal 1682, per iniziativa del nuovo duca. Divenuto re dopo la guerra di successione spagnola nel 1723, Vittorio Amedeo II confermò e accentuò le rigide regole per la società ebraica piemontese con le sue Regie Costituzioni. La situazione socio-economica degli ebrei andò degradando fino alla prima metà dell’Ottocento.
La
prima emancipazione, giunta in Piemonte al seguito dell’esercito napoleonico,
non arrivò del tutto inaspettata agli ebrei subalpini,
mentre inatteso e traumatico fu il ritorno nei ghetti sancito dalla
Restaurazione.
La liberazione definitiva giunse nel 1848 con lo Statuto albertino
e gli ideali del Risorgimento e con questo finalmente l'emancipazione, urbanizzazione, parità di diritti, ma anche graduale
allontanamento dalla tradizione e dall’osservanza dei precetti.
Poi la tragedia, la Shoah: quasi quattrocento furono gli ebrei torinesi deportati.
Ricordiamo
qua i molti ebrei piemontesi impegnati nella Resistenza.
Quella che è oggi la Mole Antonelliana, avrebbe dovuto
diventare la sinagoga dell’emancipazione degli ebrei torinesi. Non lo divenne
per motivi economici. Tra via Sant’Anselmo
e via San Pio V si trovano le nuove istituzioni ebraiche e la sinagoga,
solennemente inaugurata nel 1884. All’esterno essa si presenta in stile
moresco; quattro cupole a cipolla coprono i torrioni perimetrali. L’interno è
grandioso e può contenere 1.400 persone. Distrutta da una bomba nel 1942, fu
ricostruita nel 1949.
Oggi
la Comunità ebraica di Torino, la terza in Italia, è composta da circa 1000 persone e annovera la Scuola elementare e la
scuola media.
Si
fanno arrostire delle fette di pane a cassetta. Qualche ora prima del termine
del digiuno si dispongono in un vassoio fondo le fette
spolverizzate di zucchero e cannella, quindi si versa del vino vecchio.
Fare diversi strati. Ogni tanto raccogliete il vino precipitato versandolo
sopra il pane.
Ingredienti:
250 g di cracker salati, 100 g burro, 500 g di formaggio Philadelphia,
500 g di zucchine (o qualsiasi verdura di proprio gradimento)
cotte in padella con cipolla, olio, sale e pepe, 200 g di parmigiano reggiano,
4 uova più 2 albumi, sale e pepe.
Trita i cracker salati con 50 g
di parmigiano reggiano. Con 3 cucchiaiate del trito ottenuto spolverizza il
fondo dello stampo (meglio se a cerniera), dopo averlo foderato con carta da
forno unta di burro. Ai cracker rimasti incorpora i due albumi. Mescola bene e
versa il tutto nello stampo premendo perfettamente il composto sul fondo,
magari con l'aiuto di un batticarne. Lavora il formaggio Philadelphia
con le fruste elettriche, aggiungi le uova una alla volta, il parmigiano
rimasto, le verdure scelte e aggiusta con sale e pepe. Amalgama bene e versa il
tutto nello stampo. Inforna a 150° per circa 40 minuti; se necessario alla fine
della cottura accendi per pochi secondi il grill per far dorare la superficie.
Puoi servire direttamente il cake caldo con la sua
base di cottura.
E' buono anche freddo.
Ingredienti - 1 bicchiere di
grano, 1 bicchiere di fichi secchi tritati, ½ bicchiere di uva
passa, 3 cucchiai di pinoli, 1 cucchiaio di acqua di rose, acqua a piacere, 1
bicchiere di zucchero, cannella.
Mettere in ammollo il grano per
una notte. Preparare uno sciroppo di acqua e zucchero,
unire il grano colato e cuocete lentamente fino a che
il grano sarà aumentato del doppio del suo volume. Aggiungere poi, sempre
mescolando, tutti gli altri ingredienti.
Si può servire caldo o freddo.
IMPANATE DI RICOTTA - Ingredienti: 1 bicchiere di latte tiepido con un cucchiaino di bicarbonato - 1 etto di burro o olio, un pizzico di sale - 1 pizzico di zucchero - una spruzzata di limone - Si mescola tutto con 400 g di farina. La pasta deve risultare morbida e liscia. Si fa riposare per mezz'ora
Ripieno: Si sbattono bene 2 uova con un pizzico di sale e si mescola con 250 g di ricotta e una manciata di parmigiano grattato.
Si stende la pasta e si formano dei ravioli grossi (tipo sofficini) farcendoli di ripieno. Si friggono in olio caldo.
Dosi: 14 piccoli limoni da agricoltura biologica; 4 spicchi di aglio; 2 peperoncini piccanti; 1 bicchiere di sale grosso
Lavare bene 10 limoni e tagliarli in 4/8 spicchi. Mettere in un barattolo di vetro 1 dito di sale grosso, 2 spicchi di aglio, 2 peperoncini, il succo dei limoni rimanenti e uno strato di spicchi di limone. Continuare così fino al riempimento del barattolo che poi si chiuderà ermeticamente. Lasciare riposare per almeno 10 giorni. I limoni in salamoia si serve con Arak o bevande alcoliche.
CURIOSANDO - Il limone, simbolo di fecondità nella mitologia greca, ha innumerevoli proprietà: è rinfrescante, dissetante, disinfettante, digestivo, astringente, cicatrizzante.
I suoi oli essenziali, estratti dalla buccia, hanno un potere rivitalizzante. Il suo succo schiarisce le macchie della pelle, disinfetta e cicatrizza le screpolature, ammorbidisce l'epidermide.
Sono numerose le ricette dietetiche e cosmetiche che lo citano, e scoprire che anche il più semplice e aspro dei frutti della natura ha i suoi piccoli segreti, è sempre una piacevole sorpresa!
Bere un bicchierone di acqua calda con il succo di mezzo limone al mattino prima di colazione, smuove l'apparato digerente, toglie le stanchezze della notte e aiuta la digestione.
ODE AL LIMONE -
"....uno dei capezzoli profumati del petto della terra" (Neruda),
Innumerevoli poesie sono dedicate a questo frutto. Cito alcuni brani, tratti da libri e testi celebri.
"Tenera mercanzia!
Si gremirono rive,
mercati,
di luce, d'oro silvestre,
e aprimmo
le due metà
del miracolo,
acido congelato
che stillava
dagli emisferi
di una stella,
e il liquore più profondo
della natura,
intrasferibile, vivo,
irriducibile,
nacque dalla freschezza
del limone,
dalla sua casa fragrante,
dalla sua agra, segreta simmetria." (Pablo
Neruda)
"A metà del cammino strappò limoni rotondi e li lanciò nell'acqua finchè la rese d'oro" (Federico García Lorca)
"Mio Dio, dammi, nella vita, una casa piena di libri e un giardino con tanti limoni." (Confucio)
"Co' fiori eterni eterno il frutto dura;
e mentre spunta l'un, l'altro matura" (Tasso)
"Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità." (Eugenio
Montale)
MAIONESE
La maionese è una delle salse
più famose e diffuse nel mondo, ma la sua origine è discussa. Ci sono due versioni tra le più accreditate:
per circa 300 gr
di maionese: 1 cucchiaino Aceto, il succo
filtrato di ½ limone, 250 ml olio, un pizzico di pepe bianco macinato
(facoltativo), sale q.b.,
2 tuorli d’uovo |
Preparazione: Per prima cosa, per preparare la maionese, bisogna fare attenzione ad usare olio, le uova a temperatura
ambiente e di separare molto bene il tuorlo dal bianco. A questo punto prendete
una ciotola dai bordi alti e posizionatela su di un
canovaccio inumidito (così durante la lavorazione della maionese non si
muoverà); mettete i tuorli in una ciotola con un pizzico di sale e il
pepe (2), poi aggiungete un cucchiaino d'aceto (3). Lavorate
gli ingredienti con uno sbattitore elettrico (4)(o con un robot da
cucina) e poi incominciate a versare l'olio a gocce (5), continuando poi
a filo (6)(ma un filo sottilissimo). Dovrete mescolare sempre nello stesso
senso (7) fino ad ottenere una salsa densa (8). Quando avrete
aggiunto tutto l'olio, potete unire il succo di limone (sempre
sbattendo), ed eventualmente aggiustare ancora di sale e pepe. Se non la consumerete immediatamente, mettete in frigorifero
la maionese così ottenuta (9), coprendola con della pellicola trasparente.
Per
non far impazzire la maionese aggiungi un cucchiaio di
aceto caldo, questo aumenterà la tenuta dell’emulsione, inoltre.bisogna evitare di aggiungere troppo olio in una volta, impedendone
il corretto emulsionamento con il tuorlo; in genere
occorrono circa 200-250 ml di olio per due tuorli d'uovo (se desiderate
ottenere una maionese molto densa).
Se, nonostante i consigli precedenti,
improvvisamente vedeste apparire dei grumi nella
maionese, come se fosse cagliata, sappiate, che, come si dice in gergo, la maionese è impazzita. Ma non
disperatevi: a tutto c’è rimedio! Ecco come fare: tenete da parte la maionese
impazzita e in un altro recipiente mettete un altro tuorlo; frullate di nuovo
aggiungendo un filo d'olio e poi, sempre nel recipiente,aggiungete
un cucchiaio alla volta e molto lentamente, la maionese impazzita, e tutto
dovrebbe tornare alla normalità.
PASTICCINI DI CARNE
Ingredienti: 400g. farina, ½ bicchiere di olio, ½ bicchiere di acqua, ½ cucchiaino di sale, 1 cucchiaino di bicarbonato - Impasto e faccio riposare, coperta con un canovaccio, per circa mezz'ora, infine stendo col matterello.
Ripieno: 1/2 carne macinata che mescolo con 2 o 3 spicchi di aglio tritati, 3 cucchiai di olio, 1 uovo e un pizzico di sale
Si formano dei ravioli grossi che si friggono in olio caldo
PASTICCINI/FAGOTTINI DELLE FESTE - altra ricetta
1 bicchiere di acqua calda, 1/2 bicchiere di olio, qualche goccia di succo di limone e sale. Si lavora la pasta con acqua calda e deve risultare molto morbida. Il ripieno, oltre che di carne, può essere a base di verdure o pesce.
E’ una salsa fredda tra le più
conosciute e diffuse nel mondo (che si dice
addirittura sia afrodisiaca) sinonimo e simbolo di Genova
e dell'intera Liguria.
Le prime tracce del pesto le troviamo
nell'800, e da allora la ricetta si è sempre mantenuta
identica, almeno nella preparazione casalinga.
Per fare il vero pesto alla genovese occorrono un mortaio di marmo e un pestello di legno.
Se per tritare l'erba si usa il mixer normale, meglio con le lame di plastica perché le lame d'acciaio fanno uscire le essenze amare del basilico e quindi rendono la salsa più amara di quanto dovrebbe essere.
Per 4 mazzetti di basilico, 100 g di parmigiano reggiano grattugiato, 100 g di pecorino romano o sardo grattugiato, 2 spicchi d'aglio, 50 g di pinoli, 25 g di gherigli di noci, 1 cucchiaino di sale grosso. Si pesta il tutto nel mortaio (io lo trito nel mixer, ma non diciamolo a nessuno: è un segreto tra me e voi), e si condisce con 1 bicchiere di olio extra-vergine d'oliva. Si conserva per alcuni giorni in frigorifero in barattolo di vetro ma è consigliabile proteggere la superficie con un filo di olio di oliva.
CURIOSANDO tra gli ebrei Genovesi - Le prime notizie sugli ebrei "genovesi" risalgono all'età romana imperiale. L'afflusso di nuovi ebrei in città, e quindi l'ingrandimento della comunità, inizia a diventare considerevole soltanto nella prima metà del XII secolo: ce lo conferma un provvedimento normativo dei Consoli del Comune, datato 7 gennaio 1134, con il quale gli israeliti vengono sottoposti, al pari di altre comunità straniere residenti a Genova, ad una sorta di "tassa di soggiorno" (tre soldi all'anno per la fornitura dell'olio per l'altare della Chiesa di San Lorenzo).
Nel corso del 1200, la comunità ebraica si sviluppa e si arricchisce rafforzando nel contempo la propria identità etnico-religiosa. In questo periodo i suoi membri fanno costruire una sinagoga.
Nel XV secolo é interessante notare il rafforzamento graduale dei rapporti tra cristiani ed ebrei e il rispetto reciproco che ne contraddistingue la convivenza. Lo testimonia un evento piuttosto curioso. Negli Statuti della città di San Remo, dell'anno 1435, leggiamo che le autorità si preoccupavano di disciplinare la vendita delle palme e dei cedri, in modo da riservarne una parte agli ebrei che erano soliti acquistarne per la celebrazione della Festa delle Capanne (Sukkot ).
Con l’espulsione degli ebrei dalla penisola iberica (Editto dei sovrani di Castiglia del 1492) la Repubblica di Genova aprì le sue porte ad un certo numero di esuli ‘sefarditi’. Questa immigrazione venne accolta dai genovesi con sentimenti contrastanti ma, soprattutto, la Chiesa si oppose all'espansione della Comunità ebraica. Quindi il Governo della Repubblica elaborò alla fine un salomonico ed arguto compromesso che permise ai primi trecento ebrei giunti in nave da Barcellona, nel 1493, di insediarsi in un piccolo quartiere; quelo che, a partire dal 1660 divenne il "ghetto" vero e proprio.
Secondo alcune stime, nel 1662, la comunità ebraica genovese ammontava a 203 unità, mentre nel 1674 questa scese a 174: in quegli anni, infatti, non poche famiglie israelite si trasferirono a Livorno e a Casale dove prosperavano due grosse comunità correligionarie.
Nel 1679 si conclude la clausura forzata degli ebrei genovesi.
Dal 1752, grazie alla maggiore liberalità dei capitolati di un Governo repubblicano positivamente influenzato dalle correnti del pensiero deista e illuminista inglese e francese (i trattati sulla tolleranza religiosa di Toland e Voltaire erano stati accolti con favore dalla borghesia mercantile colta genovese) si sviluppa un polo interetnico ebraico-cristiano molto attivo sul piano culturale ed economico. Ma la vera e propria integrazione è ancora lontana. Bisognò infatti attendere il Congresso di Vienna (1815) per raggiungere la completa equiparazione giuridica della comunità ebraica. Fu solo dopo l'annessione della Liguria al Regno di Sardegna, più precisamente sotto il regno di Carlo Alberto, che agli ebrei vennero concessi i diritti civili e la giusta dignità. Da quel momento, la comunità israelitica genovese, pur mantenendo intatta la sua storica e precisa identità religiosa e culturale, riprese a comunicare liberamente ed intensamente con il resto della città, contribuendo non poco al suo progresso.
Il fascismo colpisce duramente la Comunità: nel novembre 1943 sono arrestati e deportati 300 ebrei genovesi, insieme al rabbino capo Riccardo Pacifici, che non volle lasciare la Comunità. Alla sua memoria è dedicata una piccola piazza all'inizio di via Bertora dove oggi è situata la sinagoga.
Dal 1936, alla fine della guerra, a Genova si abilita la Delasem, l'organizzazione di assistenza ai profughi ebrei, che aveva la sede centrale in via XX Settembre. In quindici anni di attività riuscì ad aiutare circa 30.000 ebrei e, ancor prima della fondazione dello Stato d'Israele, dai porti liguri, numerosi emigranti clandestini lasciarono le coste genovesi verso la Palestina.
Dopo la guerra, la Comunità ha ripreso la vita normale. Oggi gli ebrei genovesi sono circa 650.
PIZZA FATTA IN CASA
Ingredienti: 640gr di farina tipo 00, Lievito di birra 25gr, Sale 1
cucchiaino da caffè, Acqua tiepida 320 ml, Olio di oliva
6 cucchiai, Origano, 1 kg Salsa di pomodoro, 500 gr
di mozzarella fresca o da cucina.
Versare prima l’olio e il sale, poi la
farina in un tegame capiente.
Sbriciolare e poi sciogliere il lievito di birra in un po’ d’acqua e versarlo
sulla farina.. Iniziare a versare l’acqua tiepida
mescolandola con la farina ed impastare. Lavorare la pasta a
mano per circa 20 minuti fino ad ottenere un impasto omogeneo ed elastico.
Lasciare riposare per circa 2 ore in un luogo tiepido
ricoprendolo con un canovaccio pulito. Lavorare la pasta ancora per
qualche minuto. Stendere 250gr pasta fino a formare un disco di 30cm. E' necessario che il forno sia preriscaldato prima di infornare la pizza. Intanto si
stende la pasta in una teglia unta con dell'olio, aggiungere 6 cucchiai
di salsa di pomodoro e 125 gr di mozzarella
spezzettata. Se si vuole ottenere una pizza croccante
la si inforna subito a 220° per
circa 10 minuti, mentre se si desidera
una pizza più alta e più morbida la si lascia lievitare in teglia coperta con
un panno umido ancora per 1 ora circa.
Nel forno di casa, che purtroppo non raggiunge alte temperature, la pizza
richiede una cottura di 20 minuti totali ed è opportuno farla cuocere prima col
solo pomodoro e dopo 15 minuti circa aggiungere la mozzarella o la farcitura
che si desidera. Rimettere il tutto in forno per completarne
la cottura.
CONSIGLI UTILI: importante per far venire una buona pasta è il giusto rapporto di acqua e farina, basta un po' d'acqua in più o un po' di farina in meno che la pasta non viene bene.
Usate acqua effervescente, i sali minerali contenuti in queste acque migliorano il risultato della pasta.
Potete usare un robot da cucina per amalgamare la pasta; bastano 3 minuti.
Condire il pomodoro con un pizzico di origano, sale e olio, prima di stenderlo sulla pizza.
CURIOSANDO
- La pizza ha origini antichissime; alcuni storici infatti
suppongono che questo alimento era presente già nella cucina etrusca con forme
e ingredienti ovviamente molto diversi da oggi. La vera pizza nasce
dall'innegabile ingegno culinario napoletano, bisognoso di rendere più
appetibile e saporita la tradizionale schiacciata di pane. Della pizza più
recente, quella che conosciamo noi dall'impasto soffice e gustoso, se ne parla
fra il 500 e il 600. L'arrivo sulle tavole della pizza moderna avviene con la
scoperta del pomodoro; a qualcuno venne l'idea di metterlo sulla schiacciata di
pane inventando, senza volerlo, la pizza. Incomincia cosi
l'era della pizza napoletana. Nell'ottocento la pizza col pomodoro
arriva fino in America grazie agli Italiani che emigrano a New
York.
Nello stesso periodo a Napoli avviene il "matrimonio storico" con la
mozzarella. Un pizzaiolo napoletano, Raffaele Esposito e sua moglie, prepararono la famosa pizza con pomodoro e mozzarella in
onore della regina Margherita, moglie di Umberto I re d'Italia.
Su richiesta della regina, il pizzaiolo e sua moglie prepararono tre
pizze; una di queste era condita con pomodoro, mozzarella e basilico, pensando
al tricolore Italiano. Alla regina piacque talmente che il pizzaiolo la chiamò
"pizza Margherita".
Si mescola un trito di kg 1 carote, kg 1 cipolle, una costola intera di sedano (io tolgo le foglie perché sono amare) una grossa manciata di prezzemolo e altrettanto di basilico, 6/7 spicchi di aglio (facoltativo), più 1 kg di sale grosso, e si riempiono i vasetti che si possono conservare anche a temperatura ambiente.
Sempre pronto e a portata di mano per quando devo cucinare il ragù, insaporire minestre e verdure.
Nella mia dispensa non manca mai.
Conservati in barattoli ben asciutti e pulitissimi, si mantengono inalterati per molti mesi.
Io miscelo 1 grossa tazza di erbe miste tritate: salvia, maggiorana, timo, alloro, cipolla secca, origano, con 1/2 kg di sale.
Comodo da utilizzare per aromatizzare carne e pesce arrosti o grigliate.
LEMON PEPPER
Ingredienti: 30g
scorza di limone non trattato, 2 peperoncini gialli, 1 cucchiaio di pepe nero
appena tritato
Preparazione: tritare la scorza
di limone con i peperoncini. Stendere il composto ad asciugare, cospargendolo
di pepe nero.
In questo modo, l'olio contenuto nella scorza di limone impregnerà il pepe
appena macinato.
Potete lasciare la spezia ad asciugare naturalmente
al sole o in forno a bassissima temperatura... e anche usarne subito una parte
Dopo qualche
giorno, tritare nuovamente, quindi aggiungere 1 cucchiaio di sale e conservare
in barattolo per qualche mese.
E' ottimo per condire pesce, pollo
ATTENZIONE: le pietanze trattate con queste misture non vanno MAI salate.
LIMONI SOTTO SALE
I limoni sotto sale sono un ingrediente tipico della cucina mediorientale e vengono usati per insaporire tajine e zuppe.
Io uso questo sale aromatizzato in ogni ricetta salata che prevede l’uso della scorza; il sale, infatti, conserva intatto l’aroma del limone.
Esistono varie ricette (vedi "limoni in salamoia"); la mia naturalmente è la versione più veloce e consente di avere delle fette di limone pronte all’uso. Unica raccomandazione: i limoni devono essere di origine biologica.
Dosi: per 3 limoni biologici, 400 g di
sale fino
Procedimento: lavate e asciugate accuratamente i limoni. Con
l’aiuto di un coltello affilato tagliateli a fettine molto sottili. Poneteli
quindi in un vaso alternandoli a strati di sale e premendo bene con un un cucchiaio. Conservare in un
luogo fresco.
CURIOSANDO - L'importanza che rivestiva il sale per il sostentamento degli esseri umani, in particolare nella conservazione degli alimenti, e del bestiame è nota. Tuttavia i nostri predecessori impiegavano il sale anche per usi più elaborati: per esempio era iscritto alla farmacopea nell'antica Grecia e veniva prescritto come espettorante, emetico, e contro le infiammazioni delle vie respiratorie. In ambito filosofico rispecchiavano con attribuzioni simboliche il valore che rivestiva per loro questa derrata. Il sale che condisce il cibo "rappresenta simbolicamente ciò che dà sapore all’esperienza e acutezza alla mente".
"Quanto mare hanno fatto questi ragazzini?"
Alla visita di controllo di ogni fine estate era la domanda rituale del mio pediatra di fiducia a Bolzano. E subito provvedeva con integratori di iodio.
La carenza di iodio durante la crescita è tra le principali cause di ritardo mentale e di problemi alla tiroide. Eppure esiste un modo semplice per far pervenire a qualunque individuo la sua dose quotidiana di iodio tramite il sale. Il processo è noto come iodurazione del sale.
Quindi, mi raccomando, sempre sale iodato, soprattutto per i bambini e le donne durante la gravidanza.
Ingredienti:
250 g di maionese, 80 g. di tonno sott'olio, 2 filetti d'acciuga sott'olio, 20
g. di capperi sott'aceto, 1 limone
Sgocciolare
il tonno, i filetti d'acciuga, i capperi, e
tritare il tutto molto finemente nel mixer. Unire la maionese e mescolare
delicatamente, si otterrà così una salsa omogenea. Aggiusta con qualche goccia
di limone e, eventualmente, un pizzico di sale.
E' una salsa ottima per accompagnare carni e pesci lessi.
SFORMATO DI FORMAGGIO
Si prepara una besciamella con 100 g di burro, 80 g di farina e 1/2 l di latte (vedi ricetta), sale. Ancora sul fornello aggiungo i formaggi a piacere. Quando è freddo incorporo 4 tuorli d'uovo e le chiare montate a neve. Si cuoce a bagnomaria in forno per 1 ora a fuoco moderato.
Stemperare 20 g di fecola in una tazza di panna. Ancora sul fornello unire 30 g di burro, sale, pepe e una grattatina di noce moscata. Fare bollire e ritirare dal fuoco. Incorporare 5 tuorli più 2 uova intere, 1 tazza di parmigiano e, infine, 5 chiare montate a neve. Forno per 20 minuti. Deve gonfiare.
TORTA LIVORNESE - CECINA
Ricetta: si stemperano 250 g circa di farina di ceci con circa 750 ml d'acqua aggiungendone pochissima alla volta in una ciotola di plastica. Fare in modo che non si formino grumi con un continuo uso del mestolo, aggiungere tre pizzichi di sale. Lasciare riposare 2 ore, poi con un cucchiaio togliere la schiuma che si è formata in superficie. Versare in una teglia antiaderente per pizza di circa 32 cm. di diametro unta con 100 g d'olio d'oliva extra-vergine e girare il tutto in modo che l'olio venga in superficie in forma di tante bollicine. Il segreto sta nel farla cuocere in un forno scaldato con legna pioppo e di vite. Viene discretamente anche nel forno elettrico (almeno 250 gradi per 10/15 minuti), ma in tal caso si deve accendere il grill. In superficie deve formarsi una crosticina dorata e croccante. La torta non deve essere più alta di quattro millimetri.
Aprite il pane (rigorosamente francese) aggiungete il ripieno con una spruzzatina di pepe sopra e, possibilmente, delle fette di melanzane sotto il pesto e il cinque e cinque e’ pronto.
CURIOSANDO - Una leggenda racconta che questo moderno street food sia nato casualmente quando Genova sconfisse Pisa nella Battaglia della Meloria (1284). Al ritorno le galee genovesi si trovarono coinvolte in una tempesta e nel trambusto alcuni barilotti d'olio e dei sacchi di ceci si rovesciarono, inzuppandosi di acqua salata. Poiché le provviste erano quelle che erano e non c'era molto da scegliere, si recuperò il possibile e ai marinai vennero date scodelle con una purea informe di ceci e olio. Nel tentativo di rendere meno peggio la cosa, alcune scodelle vennero lasciate al sole, che asciugò il composto in una specie di frittella molto gradita dalla ciurma. Rientrati a terra i genovesi pensarono di migliorare la scoperta improvvisata cuocendo la purea in forno con l'aggiunta di olio d'oliva. Il risultato piacque e, per scherno agli sconfitti, venne chiamato l'oro di Pisa.
A Livorno si chiama torta, se invece la vogliamo con la francesina va chiamata cinque e cinque, che era semplicemente il prezzo della torta nel periodo in cui fu inventato (prima metà del XX secolo): cinque centesimi di pane e cinque di ripieno.
A Pisa e in Versilia cecina, in Liguria farinata, a Nizza socca
UOVA STRACOTTE (di tradizione sefardita)
In una teglia da forno mettere 8
uova, la buccia di 8 cipolle rosse, 1 cucchiaio di sale, 2 di
olio e una presa di pepe nero. Coprite d’acqua. Chiudete ermeticamente
il recipiente e mettete in forno 100/120° per almeno 6
ore. Lasciate raffreddare e servite queste uova per antipasto, con qualche
salsina o un po’ di tehina.
UOVA STRACOTTE 2 - In una pentola alta si mettono le uova, 1 grossa cipolla tagliata grossolanamente con la sua buccia, due cucchiai da minestra colmi di caffè (o fondi di caffè raccolti per alcuni giorni e tenuti in frigo, altrimenti vanno a male), un cucchiaino da caffè di sale, due cucchiai da minestra di olio e acqua a coprire le uova. Si porta a bollore molto lentamente in modo che le uova si rassodino senza spaccarsi, lasciandole bollire dalle 8 alle 12 ore nella pentola coperta, verificando ogni tanto che le uova siano sempre sommerse nell'acqua. Si servono fredde con sale e pepe.
Variazione: per ottenere uova rosa, si fanno bollire con barbabietole rosse; per le uova gialle con curcuma
NOTA - Questa è la ricetta sefardita orientale, ma le uova fanno parte del menù del sabato.di tutta la tradizione ebraica: gli ebrei aschkenaziti (Europa Centrale) li mettono a cuocere insieme a carne e cereali.