ESPLORIAMO IL KASHER

Per essere kasher, il pesce deve avere pinne e squame facili da rimuovere. Ad esempio, quelle dello storione sono difficilissime da togliere, fatto che lo rende non kasher, come lo sono automaticamente le sue preziose uova, ossia il caviale.

Esempi di pesci kasher possono essere il salmone, la trota, la cernia, il nasello, la sogliola ecc.

Es. di pesci non kasher: l’anguilla, il pesce spada, il pesce gatto, lo squalo...

Tutti i crostacei, i frutti di mare ed i mammiferi acquatici non sono kasher.

 

I SEGRETI DELLE NONNE

-          PESCE DI ACQUA DOLCE: puoi eliminare il sapore di fango mettendo il pesce a bagno con acqua fredda e 1 bicchiere di aceto per almeno mezz’ora

-          ODORE FASTIDIOSO? Aggiungi al liquido di cottura una fetta di limone e qualche foglia di alloro. Nonna Rina poneva un batuffolo di cotone imbevuto di aceto sul coperchio della pentola di cottura.

-          DESQUAMARE FACILE: basta spruzzare prima con un po’ di aceto bianco

 

ALICIOTTI CON INDIVIA

Ingredienti per 4 persone: 800 g di acciughe fresche; 1 kg di indivia riccia; 2 spicchi d’aglio; 3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; sale e pepe.

Prendete l’invidia riccia, scartando il torsolo e le foglie esterne. Lavatela sotto l’acqua corrente e tagliatela in maniera grossolana. Asciugatela molto bene e dividetela in due parti uguali. Una va messa in una teglia con sale e pepe, poi si aggiungono le acciughe fresche precedentemente pulite, lavate e asciugate. Mettete l’aglio e ricoprite il tutto con l’invidia restante. Spennellate con tre cucchiai di olio extravergine d’oliva e mettete in forno precedentemente scaldato a 200° per 30-40 minuti.

ALICIOTTI CON INDIVIA di Daniela Fiorentino

Prendere 2 cespi di indivia, lavarla e tagliare a pezzetti. In una teglia da forno fare un letto di indivia poi metterci il tonno e sopra ancora indivia. Condirla con sale olio e aglio mettere al forno fino a quando la superficie è abbrustolita.

BACCALA' ALLE CIPOLLE ROSSE DI TROPEA

Ingredienti: 600 g di baccalà, 400 g pomodoro, 500 g cipolla, 1/2 bicchiere di latte, 1/2 bicchiere olio extra vergine, farina, sale e olio per friggere

Preparazione: lasciare a mollo il baccalà nel latte per 24 ore. Infarinate il baccalà a pezzi e friggerli nell'olio fumante. Appena dorati sgocciolarli bene. Versare in una teglia mezzo bicchiere d'olio e cuocere lentamente le cipolle tagliate a rondelle. Disporre sulle cipolle le fette di baccalà, aggiungere i pomodorini tagliati a pezzi, salare e cuocere per circa 30/35 minuti.

 

BACCALA' ALLA LIVORNESE

Si deve prima di tutto mettere in ammollo il pesce per 2 o 3 giorni cambiando l’acqua ogni 8 ore. Bisogna sciacquare sotto acqua corrente il pezzo di baccalà e poi metterlo in una ciotola da riporre in frigorifero o in un luogo fresco. Per dissalare il baccalà più velocemente si può mettere in ammollo già fatto a pezzi e cambiare l’acqua con maggiore frequenza, anche ogni 2-3 ore. L’ideale sarebbe tenerlo in una vaschetta con un filo d’acqua corrente continuo così da avere un ricambio ininterrotto d’acqua. Alcuni suggeriscono anche di togliere la pelle passate le prime 24 ore in ammollo per velocizzare il rilascio del sale. Non c’è modo per avere la certezza del risultato se non uno: dare un piccolo assaggio, anche solo con la lingua, al baccalà per sentire quanto è ancora salato.
Una volta dissalato va tagliato a fette, asciugato e passato nella farina. Mettere abbondante olio in una padella antiaderente o in una friggitrice e farlo scaldare. Quando è pronto friggere le le fettine di baccalà nella padella, facendole appena dorare senza portarle a fine cottura. A parte preparare un sugo di pomodoro con aglio e prezzemolo e metterci dentro il baccalà fritto così da terminare la cottura insieme ai pomodori. Se si gradisce, si possono anche aggiungere nel sugo olive nere, peperoncino e prezzemolo. Dopo circa venti minuti il baccalà alla livornese si può servire in tavola.

BACCALA' ALLA VICENTINA

 

Ingredienti per 12 persone:

kg . 1 di stoccafisso secco; g. 500 di cipolle; litri 1 d'olio d'oliva extra vergine;  3-4 acciughe; 1/2 litro di latte fresco; poca farina bianca; g. 50 di formaggio grana grattugiato; un ciuffo di prezzemolo tritato; sale e pepe.

Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni. Levare parte della pelle. Aprire il pesce per lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d'olio, aggiungere le acciughe pulite e a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso e disporli uno accanto all'altro in una pirofila già unta con qualche cucchiaiata di soffritto e ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato il sale, il pepe e olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto basso per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente per mescolare.
Servire ben caldo possibilmente con polenta in fetta. Il baccalà alla vicentina è ottimo anche dopo 12-24 ore.

Variazione: se non potete stare intorno ai fornelli, si può cuocere in forno a calore moderato. Sarà cotto quando il liquido si sarà asciugato.

CURIOSANDO - Si racconta che, nel 1269, i vicentini che tentavano l'assalto al castello di Montebello, difeso dai veronesi, alle guardie che gridavano altolà, rispondessero: oh, che bello, noi portiamo polenta e baccalà. E subito i veronesi, golosi, spalancarono il portone …
 

BACCALA' FRITTO della NONNA

 

Stesso procedimento, ma oggi il baccalà lo si può trovare al supermercato già pulito e pronto in filetti. Si taglia a pezzetti e, a scelta, si possono semplicemente infarinare, oppure immergerli nella pastella per frittura. Friggere in olio d’oliva abbondante, a fuoco basso, rigirandoli spesso e mantenendo i pezzetti ben spaziati tra di loro.

 

BACCALA' DE TRASTEVERE - Stesso procedimento. I pezzi vanno poi infarinati e fritti in olio d'oliva. Quando saranno dorati e croccanti da ambo le parti, scolateli e teneteli al caldo. Nello stesso condimento aggiungere ancora un po' d'olio e fatevi imbiondire 1 spicchio d'aglio; toglietelo e fateci appassire 400 g di cipolle affettate. Salare e coprire. Aggiungere quindi 1 cucchiaio di capperi, 1 di uvetta (ammollata in acqua tiepida) e 1 di pinoli, infine 1 acciuga fatta sciogliere precedentemente a fuoco lento (oppure 1 cucchiaio di pasta d'acciughe).
Stendere metà della salsa ottenuta sul fondo di una teglia, disponetevi sopra i pezzi di baccalà e coprirli con l'altra metà del sughetto. Infornare a 220° per qualche minuto, togliere la teglia dal forno, distribuire il prezzemolo tritato, spruzzate con succo di limone (facoltativo) e servire subito.

 

BACCALA'  IN POLPETTE

Ingredienti per 8/10 persone - 1 kg. di baccalà tritato, 2 spicchi d'aglio, mollica di pane, 1 o 2 uova intere, cumino, 1 litro di pomodoro passato, prezzemolo, limone. - Lessate il baccalà e passatelo nel tritatutto aggiungendo la mollica di pane ammollata nell'acqua, 1 o 2  uova e un cucchiaio d'olio. Aromatizzate con un pizzico di cumino (o noce moscata), salate e pepate. Formate con il composto delle polpette e  friggetele in olio caldo, poi si versa in padella il pomodoro, aglio e prezzemolo tritati. Si cuoce per 5 minuti infine si aggiunge qualche goccia di limone.

Variante senza pomodoro: infarinate le polpette, quindi passatele nell''uovo sbattuto, poi nel pangrattato e friggetele in abbondante olio d'oliva bollente.

 

STORIA E CURIOSITA': Il baccalà è merluzzo conservato sotto sale e  in seguito essiccato naturalmente o artificialmente. Si differenzia dallo stoccafisso che invece richiede solo un lungo periodo di essiccamento senza aggiunta di sale.

Il merluzzo è un pesce molto apprezzato per le sue qualità: economico (perché abbondante), nutriente, ricco di proteine ad elevato valore nutrizionale ma con poche calorie, e non deperibile. Inoltre viene usato tutto, non si butta via niente. In Norvegia, patria dei Vichinghi inventori dello stoccafisso, la testa del merluzzo viene bollita e viene recuperata la lingua (considerata una vera ghiottoneria), mentre le guance vengono fritte in pastella; le uova di merluzzo, lessate nella loro sacca, si mangiano affettate; il fegato, cotto in salsa. L’olio di fegato di merluzzo lo si prende perché contiene molte vitamine. Lo stomaco viene spedito in Giappone per la preparazione del sushi. Pochi sanno che lo stomaco del merluzzo viene cucinato anche in Calabria e in Sicilia. In Islanda non buttavano via neppure la pelle: sostituiva il pane, che a quelle latitudini, non potendosi coltivare cereali, non c’era; ora naturalmente viene importato. Inoltre, conciata come il cuoio, la pelle veniva usata pure per confezionare borse. L’intestino macinato del merluzzo viene dato in pasto ai salmoni d’allevamento. Oggi il merluzzo è l’ingrediente base per il famoso “fish and chips”, che ancora si consuma in Inghilterra, per i fishburgers e per i bastoncini di pesce.

Ma è entrato anche nel DNA dei campani. I napoletani sono tra i maggiori consumatori di baccalà, superati solo dai Portoghesi i quali sembra che abbiano 366 modi diversi di cucinarlo, un giorno in più di quelli dell’anno.

Su questo prodotto dei mari del nord si sono combattute vere e proprie battaglie non solo commerciali. Nel 1500 i napoletani riuscirono a farla franca alle gabelle inglesi (che avevano il monopolio della commercializzazione), prendendo direttamente contatto con le popolazioni scandinave, cui portavano agrumi, lana, olio, vino e canapa ed imbarcavano resine, legna pregiata ed, appunto, baccalà, tanto baccalà, ottimizzando il trasporto e sfuggendo alle tasse di ormeggio inglesi. Per questo il prezzo si manteneva basso e quindi accessibile anche ai più poveri (che in realtà mangiavano le parti meno pregiate, come la coda, peraltro buonissima con le patate). Oggi, dopo una fase di ubriacatura per la carne, baccalà e stoccafisso sono ritornati in auge proprio per la loro bontà e la straordinaria capacità di molti ristoratori di riprendere vecchie ricette, riproposte tal quale, o reinterpretate in modo più moderno.

'O mussillo e baccalà, oppure ‘o cureniello e stocco, sono entrati non solo nel linguaggio corrente ma hanno contaminato fortemente il linguaggio gastronomico atteso che si riferiscono alle parti più nobili e amate di questo pesce, il filetto per il baccalà, la pancia per lo stoccafisso.

 

BOTTARGA

La bottarga è una prelibatezza di cui gli Ebrei romani (e non solo) vanno ghiotti. E' considerato un alimento talmente prezioso e ricercato che si racconta che nel cinquecento ci fu un episodio che scomodò le autorità rabbiniche poiché un giovane ebreo osò offrire al padre dell’innamorata alcune bottarghe in cambio della mano della giovane figlia.

La rinomata bottarga è una preparazione a base di uova di pesce, salate, pressate ed essiccate, quindi stagionate per qualche mese.
Dal sapore amarognolo e spiccatamente salato, la  migliore è quella ricavata dalle uova del cefalo muggine. Molto diffusa sul mercato è anche la bottarga di tonno, più scura e più salata; ma esistono varianti prodotte con uova di spada o di molva (un pesce simile al merluzzo).

Furono i Fenici i primi a salare e stagionare le sacche cariche di uova dei muggini. Gli Arabi, poi, diffusero questo prodotto in tutto il Mediterraneo con il nome di "battarikh". Dai Fenici ai Cartaginesi, dagli Egizi ai Romani, i popoli del Mediterraneo conoscevano e amavano da sempre questa deliziosa bontà color ambra. Fin oltre la metà del XX secolo, le uova di muggine erano appannaggio quasi esclusivo dei pescatori di tonnara. Oggi, per tutta la Sardegna, la bottarga è uno dei più importanti e rinomati prodotti da esportazione.
Può essere servita come antipasto (tagliata sottilmente e mangiata su crostini imburrati o con olio), o rientrare nella preparazione di svariati alimenti, come la pasta  (famosi gli spaghetti alla bottarga della mia mamma), o grattugiata per impreziosire in un istante pizze, pomodori e altro. E' considerata l'alternativa più “rustica”, ma economica, alle uova di storione.
E' un alimento particolarmente ricco di grassi buoni e proteine. Possiede pertanto un ottimo valore nutritivo, anche se l’elevato contenuto in sodio e colesterolo ne impone un utilizzo razionale.

 

 

CACCIUCCO ALLA LIVORNESE

 

Il cacciucco è un piatto a base di pesce, il più propriamente tipico della cucina livornese. Viene servita nei tradizionali tegami di coccio su fette di pane abbrustolite ed agliate. È composto da diverse qualità di pesce, crostacei e molluschi, in genere polpi , seppie, cicale, scorfani ed altre varietà di pesce cosiddetto "povero". Secondo lo storico livornese di origine siriana Paolo Zalum, il cacciucco sarebbe stato inventato da un guardiano del Fanale, il faro del porto, al quale un editto della Repubblica fiorentina proibiva di friggere il pesce (perché l'olio doveva essere usato per alimentare la luce del faro). Da qui l'invenzione del cacciucco, che di olio ne richiede poco.
L' ipotesi che appare più verosimile è quella secondo la quale i pescatori, finito il lavoro e venduto il pescato, preparavano un piatto con i pesci rimasti.

Ne ho fatto una variazione con i pesci permessi: scorfani, triglie di scoglio, e altri pesci a piacere naturalmente con pinne e squame e non piccoli.

La prima operazione riguarda la pulitura del pesce: i pesci vanno decapitati, sviscerati e diliscati, quindi si tagliano i filetti in tranci di medie dimensioni. Soffriggere 1 cipolla con olio d'oliva, prezzemolo e aglio tritato; si mettono a cuocere i pesci puliti, scottandoli e facendoli dorare da entrambe le parti, aggiungere quindi 1/2 chilogrammo di pomodori maturi a pezzetti e 1 cucchiaio di conserva, aggiustando con sale e pepe, 1 peperoncino rosso e 1 cucchiaio di aceto forte diluito in un bicchiere d'acqua. Attenzione: i pesci devono rimanere interi. Fate ritirare bene la salsa che dovrà essere densa come una crema e, soprattutto, abbondante. Tostiamo le fette di pane, strofiniamo l'aglio e le disponiamo in ogni piatto, una prima fetta sul fondo e le altre tre in verticale sui bordi, sopra il pesce con abbondante sugo e serviamo caldo.

 

FILETTO DI PESCE ALLE OLIVE -

Ingredienti per 4 persone: 8 filetti di pesce, 4 limoni, 100 g. di olive verdi, 1/2 bicchiere di olio, sale, pepe, prezzemolo.

Si fanno marinare per qualche ora i filetti nel limone. Si stendono i filetti in una pirofila bagnandoli col succo di limone, sale e pepe e olio. Si cuoce in forno per 15/20 minuti. Intanto si condiscono le olive snocciolate col prezzemolo e, cinque minuti prima di togliere la pirofila dal forno, si uniscono al pesce.

 

FILETTO DI PESCE ALLO ZAFFERANO

 

Ingredienti: 4 filetti pesce di qualsiasi tipo, 1 cipolla media, 2 spicchi d'aglio, un limone non trattato, olio d'oliva, zafferano, sale, pepe.
Salare i filetti di pesce e dorarli in padella in olio d'oliva un minuto per lato, tenerli da parte. In un'altra padella soffriggere in olio la cipolla tagliata a fettine e l'aglio tritato, aggiungere un bicchiere abbondante di acqua calda, una bustina di zafferano, sale, pepe e la buccia tritata del limone.
Unire poi anche i filetti di pesce e cuocere per 20 minuti a fuoco medio.

 

FILETTO DI PESCE TONNATO

Si cuociono i filetti di pesce in una pirofila, con poca acqua, olio, sale, prezzemolo e aglio tritati. So lascia raffreddare in un vassoio.

Intanto si prepara la salsa tonnata con: 50gr di tonno sott’ olio, 50gr di capperi, 20gr di acciughe salate, 2 tuorli d’ uovo, 40gr di olio di oliva, un po' di prezzemolo, succo di limone e pepe.  Lavare le acciughe poi passarle nel mixer insieme al tonno, i capperi ed il prezzemolo. Aggiungere poi i tuorli, infine molto olio ed il succo di limone, per ridurlo come una crema liquida.

Versare la salsa sul pesce freddo e guarnire a piacere, con capperi o olive e ciuffi di prezzemolo.

 

PATE' DI BACCALA'

 

Lessate il baccalà bagnato a tocchetti in abbondante acqua con alloro aglio ed erbe aromatiche varie di vostro gradimento. Una volta ben cotto mettetelo in una terrina con un poco di acqua di cottura ed abbondante olio, prezzemolo ed aglio crudo se vi piace. Frullare fino ad avere un composto cremoso, ben amalgamato e liscio.
Foderate di pellicola uno stampo a piacere, versate il composto sbattendo leggermente perché non abbia aria all'interno e tenere in frigo.
Al momento di servire sformare e guarnire con fette di limone o ciuffi di prezzemolo.

 

PESCE FINTO

 

La ricetta è semplicissima, in realtà è la fantasia a regnare indiscussa in questo piatto. E' un impasto di tonno, capperi e patate, il tutto tritato e amalgamato, il composto va poi manipolato per ottenere la forma di un pesce che sarà condito abbondantemente di maionese e decorato.

Per avere qualche idea sulle proporzioni, anche se l’improvvisazione è sempre gradita, in media per 250 g di tonno servono 500 g di patate lesse e 2 filetti d'acciughe (facoltativi).

Secondo o antipasto, è un piatto veloce e d'effetto, che piace a tutti, soprattutto ai  bambini.

 

PESCE MARINATO CON LEMON PEPPER

Adagiare dei filetti di pesce lavati e diliscati in una ciotola, quindi coprirli completamente di aceto bianco e lasciare riposare per non più di tre ore. Scolare il pesce, e lasciarlo gocciolare in un colino per tutta la notte.
Disporre su un piatto di portata, condire con olio d'oliva e cospargere con Lemon Pepper (vedi ricetta in Varie/sale aromatizzato)
Servire come antipasto.

 

POLPETTONE DI TONNO

 

Questa è un'altra ricetta che viene direttamente dai ricettari della cucina tradizionale ebraico-romanesca, ossia dal Ghetto.

Come già accennato, se c'è qualcuno che può definirsi con qualche ragione "vero romano", questi sono gli ebrei di Roma, avendo vissuto qui senza interruzione dal II secolo a. E.V.. ad oggi. Non è strano quindi che una così lunga presenza abbia influito in modo determinante sulla cultura della città, perfino nel linguaggio e nei modi di dire. Gli ebrei di Roma hanno conservato nel tempo una identità salda della propria religione e della propria cultura e l'hanno al tempo stesso modellata intorno alla propria città creando quella cosa meravigliosa che è oggi il ghetto, che è un insieme di Hannukià e di carciofi alla giudìa; di ragazzini con la kippà e la sciarpa della Roma.
Oggi vivere al ghetto fa molto figo, sembra un paese: la stessa atmosfera amichevole, le persone che si conoscono tutte tra loro, le vecchiette per strada che prendono il fresco sulle sedie che si portano da casa e magari si scambiano le ricette di famiglia. Tutto questo nel centro storico di una città di tre milioni di abitanti.

 

ESECUZIONE: ho schiacciato con la forchetta 300 g di tonno, al naturale sgocciolato, quindi ho mescolato 3 cucchiai di pangrattato (meglio se azzima pesta), 3 cucchiai di parmigiano, 3 uova, un pizzico di sale e un po' d'olio, succo di limone q.b. (una spruzzatina...senza esagerare!).

Ho modellato poi l'impasto come un polpettone in un foglio di carta da forno (oppure di alluminio) chiudendolo come una caramella (non deve passare acqua), e l'ho fatto bollire in acqua fredda con un cucchiaino di sale grosso, per 20 minuti. Intanto in una coppetta ho sbattuto con un cucchiaio: l'olio insieme al succo di limone, un pizzico di sale, infine una manciata di prezzemolo tritato.

Ho tolto dall'acqua il polpettone, l'ho fatto freddare e l'ho liberato dalla carta da forno.

Affettare il polpettone quando è completamente freddo, disporlo nel piatto da portata, e condire con l'olio, il limone e il prezzemolo già mescolati.

Può essere essere accompagnato con contorno di insalata e/o pomodori.

VARIAZIONE - Per un polpettone più saporito aggiungete una generosa manciata di olive verdi denocciolate e un po' di capperi tritati.

 

SAN PIETRO AL CARTOCCIO (di Vecchialenza)

Questa ricetta va bene con qualsiasi altro pesce di mare, ma non per quelli di lago o fiume, risulterebbero troppo aromatizzati - Prendere il pesce scuoiarlo pulirlo bene solo all'interno lasciandolo integro di pinne scaglie testa e quant'altro all'esterno. Lavarlo ed asciugarlo bene. Mettere in un bicchiere 4 cucchiai di extravergine di oliva due cucchiaini da caffè di ognuno di questi odori ben sminuzzati : timo, origano, maggiorana, salvia, basilico, erba cipollina e rosmarino, mezzo cucchiaio di sale; mescolare il tutto fino a creare un composto omogeneo. Spalmare il composto all'interno del pesce avendo cura di stenderlo uniformemente, chiudere il pesce in un foglio di carta d'alluminio con la parte argentata all'interno senza ''fasciarlo troppo stretto'' ma di lasciare ''aria''; ripetere l'operazione con un secondo foglio, sigillando bene. Mettere in forno a 200 gradi (più o meno 20 min. per mezzo chilo, calcolare 6 min. in più per ogni etto di peso in più). Sfornare e non aprire se non al momento in cui va a tavola. Servire con insalata fresca tipo radicchio o con insalata belga cotta al forno.

CURIOSANDO: Il pesce san pietro vive isolato o in piccoli gruppi su fondali fangosi, in acque poco profonde, negli oceani Atlantico e Pacifico ed è presente anche nel mar Mediterraneo. Dalle carni  sode e gradevoli, con un sapore delicato, piace anche ai bambini. E' anche facile da disliscare, perché le spine sono poche e grandi.

 

SARDE IN SAOR (insaporite)

Si tratta di una ricetta molto antica, risalente al '300, un tipico caso di contaminazione culinaria, poiché di chiara provenienza medio orientale. I pescatori ne facevano largo uso perché in grado di conservarsi nelle lunghe navigazioni. Fra gli ingredienti di questo piatto, oltre alle sardine, c’è anche la cipolla che nel passato rappresentava un efficace rimedio contro lo scorbuto.

Delle sarde in saor ne parla anche Goldoni nelle sue commedie, e rimane ancora oggi un piatto tradizionale del Veneziano. Ma il saor si trova anche nella cucina ebraica, la cucina dell'ebraismo della diaspora in Europa.

Esecuzione: lavare, squamare e disliscare 1 kg di sarde fresche, togliendo l'interiora e la testa. Asciugarle in un panno, infarinare e friggere in abbondante olio, adagiandole poi su acqua assorbente; infine salatele. Pulite le cipolle bianche, lo stesso peso del pesce: un chilo di sardine, 1 chilo di cipolle. Si tagliano sottili e si cuoce in una larga padellona a fuoco lentissimo; devono appassire lentamente mantenendo inalterato il colore bianco. A metà cottura versate mezzo bicchiere di vino e quando sarà evaporato unire 1 bicchiere di aceto, 100 g. di uvetta e 100 g. di pinoli. Fate bollire fino a quando il liquido sarà completamente assorbito. In una terrina si prepara uno strato di cipolle (il saor), sopra le sarde, poi le cipolle e così via. L'ultimo strato dovrà essere di cipolle. Coprite e lasciate riposare per almeno 12 ore prima di servire.

CURIOSANDO: la sarda (sardina) è un pesce azzurro comunissimo in tutto il Mediterraneo; la pesca avviene anche in Atlantico, dal sud delle isole Canarie fino alla Norvegia, così come lungo la coste occidentali dell’Inghilterra.
Al vantaggio di un costo modesto, la sardina unisce il pregio di una carne molto saporita e piuttosto grassa, facilmente deperibile; le carni sono più grasse in estate, più magre in inverno, molto gustose sia fresche che conservate.
E’ ricco di acidi grassi Omega 3, che riducono il livello di trigliceridi nel sangue e hanno un contenuto alto di lipoproteine ad alta densità (Hdl), cioè di colesterolo “buono”, noto perché protegge contro le placche che possono occludere i vasi sanguigni e causare attacchi di cuore o ictus.
 

SGOMBRO

Appartiene alla famiglia dei pesci azzurri; viene pescato abbondantemente tutto l’anno nel Mediterraneo; la sua carne è soda e gustosa, dal sapore deciso e inconfondibile. Se appena pescato, e se il peso supera i 500 grammi, è bene lasciarlo frollare un giorno in frigorifero.
INGREDIENTI: 4 sgombri; 400grammi di pomodori freschi; 1 spicchio d'aglio; prezzemolo; alloro; pangrattato; olio, sale e pepe

1)Lavare con cura gli sgombri e prepararli nel seguente modo: praticate un'apertura lungo il ventre di ogni pesce, privateli della lisca e della testa. Adagiate i pesci aperti a libro e più appiattiti possibile sul fondo di una teglia unta di olio con la parte senza pelle in alto. 2)Tritare finemente l'aglio, l'alloro e il prezzemolo e spolverizzare i pesci con questo composto, sale e pepe, poi formate uno strato di fette di pomodoro. Condire anche questo strato con un poco di sale, spolverizzate con pangrattato e irrorare il tutto con un filo d'olio. 3)Passate ora gli sgombri in forno caldo (200gradi) e gratinare per circa 30 minuti, o finché non si forma una crosticina superficiale. Buon appetito (e sbrigatevi a mangiare, altrimenti trovate il vassoio vuoto) 

(ricetta del cuoco di bordo)

 

STOCCAFISSO ALLA LIVORNESE

Ingredienti: 400 g. di stoccafisso, 400 g. di cipolle bionde, 1 peperoncino, scorza di limone, 4 foglie di basilico, olio extravergine di oliva, 4 patate, 450 g. di pelati, sale, 1 bicchiere di Marsala secco, vino bianco.

Esecuzione: stesso procedimento del baccalà, cioè ammollarlo, spinarlo pulirlo eccetera.

Preparate un soffritto con le cipolle, il peperoncino, la scorza di limone grattugiata e le foglie di basilico in un po' d'olio. Quando la cipolla è appassita aggiungere lo stoccafisso spezzettato. Cuocere lentamente e intanto pelate le patate e tagliatele a tocchetti (o a fiammifero). Unite le patate allo stoccafisso, i pomodori pelati, un pizzico di sale e Marsala. Cuocere per 90 minuti a fuoco molto basso perché attacca con facilità. Se si asciuga troppo aggiungere del vino bianco.

CURIOSANDO - "Anche gli scaricatori del porto mangiano spesso stoccafisso o baccalà, preparato come frittelle, perché questo oltre a rappresentare un piatto nutriente, si può consumare rapidamente senza togliere troppo tempo alla loro faticosa attività"

Lo si legge in "Garibaldi a Livorno" di Rossana Ragionieri; una storia fatta di piccoli momenti, di affetti, di relazioni epistolari e l'affinità tra l'Eroe dei Due Mondi e Livorno e i livornesi.

Garibaldi aveva gusti semplici, da uomo abituato alle cucine di bordo e alla vita raminga. Tra i piatti preferiti "il pesce, specialmente se salato o seccato". E stoccafisso, baccalà, acciughe glieli spedivano da Livorno. In una lettera del maggio 1870 indirizzata alla famiglia Sgarallino (Andrea e il fratello Jacopo furono fervidi patrioti e compagni del nizzardo nelle principali spedizioni) ringrazia "per le alici, lo stockfisch ed il merluzzo"

 

STOCCAFISSO ALLA PISANA

Si fa un soffritto con tanta cipolla bianca tagliata, olio, pepe e sale, rosolando molto lentamente, quindi aggiungere lo stoccafisso a pezzi. Si cuoce per 30 minuti e si aggiusta ulteriormente pepe e sale, quindi si aggiunge il pomodoro rosso fresco a pezzi. Quando lo stoccafisso è quasi cotto sistemare nel tegame delle patatine novelle intere e lasciar cuocere lentamente mescolando ogni tanto.

CURIOSANDO: Il Porto di Pisa era situato sostanzialmente a nord dell'attuale città di Livorno e si estendeva in una vasta area del litorale pisano.
Le ripetute e periodiche distruzioni da parte dei vari eserciti invasori, causarono un lento ed inesorabile interramento dei canali d'accesso.
Dopo la conquista di Pisa da parte dei fiorentini prima nel 1406 e, definitivamente, nel 1509, e con l'ampliamento della città di Livorno deciso dai Medici, il porto di Pisa venne soppresso per costruire un nuovo porto nella città labronica.
La prima testimonianza diretta dell'esistenza a Pisa di una comunità ebraica risale alla seconda metà del XII secolo. La principale funzione degli ebrei era verosimilmente quella di far da tramite in campo commerciale, ma anche culturale, tra aree cristiane e mondo islamico.
Una norma statutaria, deliberata sul finire del XII secolo, imponeva agli ebrei di risiedere tutti in un medesimo luogo della città, il cosiddetto "classus iudeorum", in cui peraltro essi si erano già raggruppati spontaneamente. Ma qua nn si tratta di un vero e proprio ghetto, in quanto nn esistono barriere fisiche di separazione, c'è libertà di circolazione e la possibilità anche per i cristiani di risiedervi.
Intorno alla metà del XIV secolo la presenza ebraica in città dovette però conoscere una crisi, ma qualche decennio più tardi, per soddisfare un bisogno reale della società, che stava passando da un’economia di mera assistenza a un’economia che richiedeva un maggiore uso di denaro, bene che allora era assai scarso. si registrò il massiccio arrivo nella città tirrenica di ebrei prestatori, per lo più di origine romana.
I banchi ebraici attivi a Pisa tra la fine del '300 e la prima conquista fiorentina nel 1406 furono almeno tre, ma nn essendoci alcun limite al proliferare dei banchi, gli ebrei prestatori aumentarono, purché per ciascuno di essi fosse versata una tassa annuale di 100 fiorini d'oro.
Nel corso del XV secolo altri ebrei si stabilirono nella città tirrenica, esercitando le più varie attività e tessendo con i nuclei di correligionari, sparsi un po' ovunque nel bacino del Mediterraneo, una fitta rete di relazioni.
Nel 1570, seppur privo di strutture comunitarie, il nucleo ebraico era composto da "italiani" e da un numero crescente di "levantini", dediti per lo più al commercio. La componente "levantina" divenne fortemente maggioritaria nell'ultimo scorcio del XVI secolo, a seguito dei particolari privilegi concessi dal Granduca Ferdinando I (vedi Livornine).
Nel corso del '700 il numero degli ebrei residenti a Pisa si mantenne costante ma con l'inizio del secolo successivo il nucleo ebraico riprese a crescere, fino alla sua massima espansione verso la fine dell'800, quando si calcola che nella città tirrenica vivessero circa 600 ebrei.
Lo scoppio della prima guerra mondiale vide le famiglie più rilevanti impegnate in iniziative patriottiche e assistenziali; parecchi giovani ebrei furono, del resto, tra i militari toscani caduti al fronte.
Con l'avvento del fascismo i membri della Comunità continuarono a partecipare attivamente alla vita cittadina. Nell'autunno del 1938 l'emanazione delle leggi razziali, preceduta da una violenta propaganda antisemita che non trovò a Pisa terreno fertile,molti ebrei si rifugiarono all'estero.
Gli arresti cominciarono nel maggio 1944; i sette ebrei catturati, rinchiusi nel carcere di Pisa in attesa di essere trasferiti nel campo di transito di Fossoli, riuscirono però ad evadere qualche settimana più tardi grazie ad un ammutinamento dei detenuti comuni.
La Comunità Ebraica di Pisa si è faticosamente ripresa dal secondo conflitto mondiale. Oggi la sua giurisdizione territoriale comprende anche Lucca e Viareggio.

 

 

TONNETTO ALLA DIGIONESE

Fin dall'antichità le sue carni sono state molto apprezzate per i requisiti organolettici e per il loro potere nutritivo. Gli antichi scrittori greci e romani ne esaltavano le qualità terapeutiche. Ricordate però che è un pesce grasso e non molto digeribile.

Ingredienti: 1 tonnetto da due kili circa, 50 grammi di burro, 3 scalogni, 1 carota, un ciuffo di prezzemolo, una bottiglia di Borgogna, 150 grammi di champignons, sale e qualche grano di pepe.

Squamare e sventrare il tonnetto, eliminare coda e interiora, lavare ed asciugare con molta cura. Disporlo in una pesciera, unire i funghi, gli scalogni e la carota affettati a rondelline, il prezzemolo tritato, il sale e il pepe a grani interi. Aggiungere parte del burro a fiocchetti e far rosolare il tonnetto a fuoco lento per qualche minuto, tenendo la pesciera col coperchio.

Versare del vino (buono) fino a coprire il pesce, mettere il rimanente burro e rimettere il coperchio. Brasare il tonnetto a fuoco dolce per una trentina di minuti. Quando la salsa di cottura si sarà ristretta al punto giusto, passarla al colino, versarla ben calda sul tonnetto e servire immediatamente. (Il cuoco di bordo)

 

TONNO ALLA MARINARA -  (Tunnu a la matalotta)

Antica e gustosissima ricetta della Sicilia Nord-Occidentale, testimonianza della lunga dominazione Francese; infatti il termine dialettale "Matalotta" deriva dalla parola francese "matelot" che significa marinaio.

Esecuzione: tagliare a cubetti 600 g di pomodori da sugo, unire una manciata di capperi e150 g di olive verdi, versare in una teglia capiente ed irrorare con olio d'oliva, salare e pepare. Adagiare i filetti di tonno fresco nell'intingolo preparato ed aggiungere acqua fino a coprire appena il pesce, accendere la fiamma e lasciar cuocere a fuoco vivace fino a ridurre per almeno la metà il liquido. Preparare un trito di prezzemolo e mentuccia, incorporarlo a 6 cucchiai abbondanti di pangrattato e cospargere la superficie delle fette di tonno. Inumidire il pangrattato con il fondo di cottura rimasto, infornare la teglia a 250° fino alla formazione di una crosticina ben dorata. Servire ben caldo.

 

TONNO "BRIAO"

"Briao" sta per ubriaco.

Ingredienti (per 4 persone): Mezzo chilo di tonno fresco diviso in 4 fette, 2 cucchiai di farina bianca, 1 cipolla tritata, 1 spicchio d'aglio, prezzemolo tritato, olio abbondante, sale, pepe, 1 bicchiere di vino rosso giovane.

Scaldate l'olio un tegame, mettete la cipolla, imbiondire leggermente e aggiungere l'aglio schiacciato e il prezzemolo. Intanto le fette di tonno vanno salate, pepate e infarinate, senza esagerare. Quando l'aglio ha preso colore, adagiate nel tagame le fette di tonno. Fatele rosolare da una parte, voltatele con una paletta, lasciatele rosolare dall'altra. E' arrivato il momento di versare il bicchiere di vino rosso. Concludete la cottura (in tutto una ventina di minuti) facendo ritirare la salsetta.

CURIOSANDO: La carne del tonno fresco è molto buona anche se, come già detto, un po' pesante. Con questo pesce si possono realizzare molti piatti gustosi: il tonno con i piselli e pomodori; il tonno al cartoccio, in un unico trancio spolverato di pangrattato; il tonno alla griglia a fette sottili; il tonno al forno con capperi e olive; gli involtini di tonno con un impasto di pangrattato, prezzemolo, olive  e capperi tritati; il tonno lessato con carota, cipolla, sedano e foglie di alloro; e con le uova di tonno si ottiene la bottarga. Insomma....EVVIVA IL TONNO!

 

TONNO MACERATO - Si soffrigge un battuto di aglio e prezzemolo e si unisce il tonno spezzettandolo con la forchetta. Si aggiunge l'aceto e si fa asciugare piano piano. Si toglie il tonno e nel sughetto rimasto si strapazza un uovo. Si dispone il tonno in un vassoio di portata guarnendolo con la salsina ottenuta.

 

TRIGLIE ALLA LIVORNESE 

Insieme al cacciucco fa parte dei piatti tradizionali di Livorno e, come tanti altri,  la ricetta fu ideata dagli ebrei che, profughi dalla Spagna, approdarono al porto labronico con un ortaggio prezioso arrivato dal Nuovo Mondo: il pomodoro. Sembra che furono proprio gli ebrei spagnoli i primi a unire il rosso madreperlaceo della triglia di scoglio a quello acceso del pomodoro.

Ingredienti:  4 triglie da 200 g - 2 spicchi  aglio - 5 cucchiai olio - 1 costa sedano-2 cucchiai prezzemolo - sale - pepe - 2 cucchiai farina bianca - 400 g. pomodori maturi.

Preparazione: tritare insieme aglio e sedano, quindi spezzettare i pomodori. Mettere l'olio in un tegame, e unire il trito di aglio sedano e prezzemolo. Lasciare soffriggere a fuoco moderato per qualche minuto, poi unire i pomodori, sale e pepe e continuare la cottura, sempre a fuoco moderato, per 20 minuti. Pulire i pesce quindi lasciarli scolare e poi infarinarli leggermente. Quando i pomodori saranno a metà cottura, fare scaldare in una padella il restante olio e farvi rosolare prima da un lato, poi dall'altro le triglie. Toglierle e sistemarle nella pirofila, in un solo strato, salarle e peparle appena. Passare al setaccio il composto di pomodori, lasciando scendere il passato sulle triglie; unire il restante prezzemolo e lasciare cuocere per circa 10 minuti, girando le triglie una sola volta con molta delicatezza.

 

TRIGLIE ALLA MOSAICA -

Anche questa ricetta livornese è di derivazione sefardita

1 kg triglie di scoglio; 6 cucchiai d'olio; prezzemolo tritato; 2 spicchi d'aglio: 350 g pomodori pelati - Soffriggere leggermente aglio e prezzemolo nell'olio, aggiungere i pomodori e lasciar bollire finché non si ritira un po'. Adagiare le triglie in un solo strato, sale e pepe. Si cuoce per 10 minuti irrorando ogni tanto con la stessa salsa e scuotendo la teglia più volte affinché si cuociano da tutte le parti, senza mai voltarle altrimenti si rompono. Cospargetele di prezzemolo tritato e servitele.

CURIOSANDO - La cucina tradizionale di Livorno è stata definita da Aldo Santini come rissosa e popolaresca in quanto riflette il carattere originario della popolazione povera della città nei secoli XVII e XVIII, proveniente da varie parti del Mediterraneo in fuga dalla legge o dalle persecuzioni religiose.
I piatti principali sono naturalmente a base di pesce e vedono un uso notevole del pomodoro, introdotto a Livorno, come già detto, dagli ebrei sefarditi; esempi tipici sono il baccalà alla livornese, le triglie alla livornese e il cacciucco, il piatto più famoso della città. Sempre a base di pesce numerosi altri piatti "minori": oltre a vari altri modi di cucinare baccalà, stoccafisso e triglie, si ricordano le acciughe, sarde, tonno e pesci vari.

TRIGLIE CON UVETTA E PINOLI di Cesare Piperno

Pulire le triglie e distribuirle in un tegame da forno, aggiungere sale olio aceto e pinoli. Cuocere in forno per 5/10 minuti cospargere l'uvetta e con un cucchiaio ungere le triglie con il sugo della teglia. Terminare la cottura (15/20 minuti) sempre in forno. Si servono tiepidi

 

INFINE......

TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE SULLA COTTURA DEL PESCE

I metodi di cottura sono diversi e bisogna sceglierli in base al tipo di pesce e alla dimensione. Generalmente, i pesci grandi rendono meglio lessati oppure al forno: quelli tagliati a trance o divisi in filetti sono buoni alla griglia, fritti oppure in tegame come i pesci piccoli.

Pesce lessato: la maggior parte dei pesci può essere lessata in un court-bouillon e portata a tavola condita con olio e limone o con la maionese. .
Court-bouillon, cioè acqua aromatizzata. Si prepara facendo bollire per 45 minuti circa 2 litri e mezzo d’acqua con una cipollina tagliata ad anelli, mezza carota a rondelle, una costa di sedano, mezzo bicchiere d’aceto o di vino bianco, alcuni grani di pepe, sale. A fine cottura si filtra.
Il pesce va immerso nel court-bouillon freddo e il tempo di cottura è di circa 10 minuti ogni mezzo chilogrammo di pesce.
Brodo di pesce è ottimo per preparare salse, risotti o minestre di riso: in tal caso, nel court bouillon non bisogna aggiungere aceto o limone o vino.
- Calcolare 10-12 minuti ogni mezzo kg di pesce.
- Immergete il pesce nel court bouillon freddo oppure a leggero bollore ma, in entrambi i casi, la cottura deve proseguire con il liquido che sobbolle.
- Sia il court-bouillon sia il brodo di pesce vero e proprio devono essere raffreddati prima di essere riutilizzati.
Fumetto di pesce: è un fondo di cottura fatto con teste e lische di pesce.
Pesci grandi: s’immergono nel court-bouillon freddo.
Pesci piccoli, trance, filetti: s’immergono nel liquido già caldo e occorre ricordare che cuociono molto in fretta.
Pesci d’acqua dolce: richiedono un court-bouillon più aromatizzato, quindi un quantitativo maggiore di verdure.
- Lasciate raffreddare il pesce nel suo liquido di cottura e poi sgocciolatelo con delicatezza per evitare di romperlo.
A vapore: questa cottura chiede l’apposita pentola oppure l’apposito cestello da inserire in una normale casseruola.
Alla brace: i pesci a carne soda come il tonno o quelli grandi come le orate, oppure quelli tagliati a pezzi danno eccellenti risultati cotti alla brace. Potete aggiungere ogni sorta di aroma e spruzzare vino bianco o rosso, o brodo di pesce ecc. per rafforzarne il profumo. La cottura alla brace può essere effettuata in un forno a legna o sul barbecue a carbone. preferite una griglia a doppia parete: è più facile girare il pesce senza romperlo.
Al forno: tutti i pesci grandi o medi sono adatti a essere cotti al forno. Possono essere insaporiti con erbe odorose, burri aromatizzati, brodo, vino, o anche farciti nel caso si tratti di pesci grandi. Al forno si ottengono anche ottime cotture al cartoccio con pesci piccoli, filetti, trance ecc. che evitano problemi di odori, hanno il vantaggio di concentrare il sapore della carne del pesce e degli aromi che l’accompagnano; sono rapide e danno una carne morbida.
Alla griglia: non squamate il pesce prima di cuocerlo perché le scaglie proteggono la carne dal calore troppo intenso.
Asciugate sempre il pesce prima di deporlo sulla griglia, anche se è stato immerso nella marinata.
- Non cuocete il pesce troppo a lungo. Per esempio: le sardine, 1 minuto per parte; un branzino piccolo, 10 minuti per parte; l’orata 15 minuti per parte.
- Cuocete i pesci di grandi dimensioni molto lentamente e spennellateli spesso d’olio.
Alla mugnaia: i pesci interi e di sottile spessore come le sogliole, i filetti, le trance prima si fanno saltare in padella con un po’ di burro e poi si cuociono a fuoco medio. In genere, quasi tutti possono essere salati e infarinati leggermente prima di cuocerli. I tempi di cottura variano, in media, da 2 a 3 minuti per parte.
Fritto
: la frittura si addice ai pesci piccoli o a quelli tagliati in piccoli pezzi e anche a quelli a carne magra come merluzzo, orata, sogliola. Asciugate sempre perfettamente il pesce prima di friggerlo. Infarinatelo, ma dopo scuotete l’eccedenza di farina e spolverizzatelo con un po’ di pangrattato a grana fine. L’olio deve essere caldo (ma non fumante) e abbondante perché non si raffreddi troppo in fretta quando immergete il pesce. La frittura è una cottura rapida, quindi evitate di tenere troppo a lungo il pesce in padella. Dopo averlo fritto ritiratelo con la paletta forata e asciugatelo su carta assorbente da cucina e soltanto a questo punto salatelo. Un’ultima raccomandazione: l’olio di frittura non deve mai essere riutilizzato.